La Pinerolo - Torre Pellice (Gian Vittorio Avondo)
Il 20 dicembre 1882, in un tripudio di folla e di bandiere si inaugurava il tronco ferroviario Pinerolo - Torre Pellice . Era questa una giornata assai importante in quanto, la cerimonia
rappresentava l'agognato coronamento di una serie di vicende assai travagliate che avevano avuto inizio nel lontano 1867, con il rilascio della concessione per il tracciamento della linea all'ingegner Carlo Langer, estensore del progetto originale. Procedendo a fasi alterne i lavori, iniziatisi nei primi anni '70 e ripresi, dopo breve interruzione nel 1876, furono ostacolati in particolare dal grave contenzioso, originatosi tra i Comuni di Torre Pellice e Luserna, entrambi intenzionati ad essere sede della stazione di capolinea; la gestione del servizio fu poi affidata alla Società delle Ferrovie dell'Alta Italia.
Prima della costruzione di questo troncone, che a Pinerolo si andava ad allacciare alla tratta Torino - Pinerolo edificata, tra le prime in Italia, nel 1854, erano state presentati diversi progetti di collegamento tra Pinerolo e Torre Pellice. Primo fra tutti era stato quello relativo alla realizzazione di un'Ipposidira, ovvero di una ferrovia ippotrainata, proposto nel 1866 dall'ing. Alfredo Marauda, che prevedeva la costruzione di 6 stazioni: Pinerolo, Bricherasio, Ponte di Bibiana, S. Giovanni, Airali di Luserna e Torre Pellice. I convogli, trainati da ben 12 cavalli, per essere funzionali al servizio e soprattutto ai suoi costi, dovevano essere composti di 6 carrozze viaggiatori.
Nel 1879, malgrado fossero già iniziati i lavori di costruzione della linea ferroviaria, fu presentato un progetto per il tracciamento di una tranvia a vapore tra la cittadina subalpina ed il principale centro della val Pellice. Malgrado la forza di questa proposta fosse rappresentata dal fatto che, rispetto alla ferrovia, essa richiedeva costi enormemente inferiori (600.000 £ per la sola costruzione, contro i 2.000.000 messi in bilancio per la linea ferroviaria), non se ne fece nulla anche perché il trasporto delle merci, su questo strada ferrata, sarebbe stato eccessivamente penalizzato.
Oltre questi "sogni" rimasti irrealizzati, in val Pellice negli anni di fine secolo furono ipotizzati molti collegamenti ferroviari, utili a facilitare le comunicazioni tra il Piemonte ed il Queyras francese o a rendere più economico il trasporto della pietra di Luserna, che proprio in quel periodo cominciava ad essere sfruttata razionalmente. La prima delle due proposte, presentata nel 1910 prevedeva il tracciamento di una linea di collegamento tra Torre Pellice e la cittadina francese di Mont Dauphin, per la quale sarebbe stato necessario il superamento del Colle della Croce, a 2298 m di quota. Il secondo progetto, invece, contemporaneo al precedente, prevedeva la costruzione di una linea mineraria, tesa ad unire Torre Pellice alle cave di Gneiss dell'alta val Luserna. In questi cantieri, infatti, in quel periodo lavoravano ben 400 operai e si estraevano ben 200 tonnellate giornaliere di materiale. La ferrovia, sarebbe dovuta servire non soltanto per il trasporto della pietra, ma anche per favorire il ritorno a casa, almeno infrasettimanale, degli operai, che altrimenti erano costretti a vivere presso i cantieri, in baracche improvvisate.
Va da sé che tutte queste proposte rimasero tali, mentre invece la linea principale, a cui i vari progetti si sarebbero dovuti allacciare, nel corso degli anni fu potenziata con il tracciamento della diramazione Bricherasio - Barge e soprattutto con la realizzazione dell'elettrificazione dell'intera tratta. Il breve tronco per Barge, fu costruito nel 1895 (inaugurato il 6 settembre) e soppresso nel 1968; la costruzione della linea elettrica trifase, invece avvenne, sia sulla tratta per Torre Pellice, sia su quella per Barge, solamente nel 1921, quattro anni dopo l'elettrificazione della Torino - Pinerolo.
Sulla linea in oggetto, dunque, smisero di circolare le piccole locomotive Gr. 875, 895, 880, 851, 835 e 905, per lasciare spazio ai possenti e complicatissimi locomotori trifase dei gruppi 554, 333, 550 (questo modello in particolare, usatissimo sulle tratte di montagna), 551, 554,330, e 331 ed alla Littorina automotrice Ale 840, per i treni veloci.
Nel 1961 infine, su tutte le linee pinerolesi, il sistema trifase lasciò spazio alla rete elettrificata con corrente continua a 3000 V; da questo momento, iniziarono a circolare, tra Torino e Torre Pellice, locomotori dei gruppi 400 (limitatamente al tratto Bricherasio - Barge), 424, 636, 626, fino agli attuali 633 ed alle atomotrici Ale 724 ed 801.
Per quanto oggetto di continue discussioni, a rischio di smantellamento e dai più considerata ramo secco, la Pinerolo -Torre pellice svolge oggi un importante ruolo per il trasporto dei numerosi pendolari che quotidianamente si riversano nella grande città. Un potenziamento, anziché la dismissione del servizio e magari uno sfruttamento razionale delle potenzialità turistiche della località (perché non far effettuare un viaggio in andata e ritorno, nelle domeniche estive, da una locomotiva a vapore restaurata?), potrebbero rappresentare un'interessante prospettiva di rilancio.
Il taglio dei rami secchi
Correva l’anno 1985, la “nave” craxiana cominciava a veleggiare in acque non più tanto tranquille ed il pauroso deficit di bilancio, quello che avrebbe innescato la terribili crisi del 1992 con la conseguente Finanziaria da 90.000 mld del Governo Amato, iniziava ad apparire manifesto. Si trattava dunque di cominciare ad operare, nella Legge Finanziaria per l’anno successivo, una serie di tagli alla spesa che, opportunamente combinati con gli ormai consueti aggravi fiscali, avrebbero dovuto a contribuire a risanare, almeno parzialmente, il bilancio dello Stato.
È proprio in quest’ambito che maturò, ministro dei trasporti Claudio Signorile il discusso “taglio dei rami secchi ferroviari”, ovvero di quelle linee obsolete, considerate ormai improduttive ed in taluni casi addirittura in perdita.
Inutile dire che nel mirino dei tecnici del Ministero dei Trasporti furono quasi subito inquadrate le due diramazioni della Torino Pinerolo: l’Airasca - Saluzzo e la Pinerolo - Torre Pellice.
Ne dava per la prima volta notizia il settimanale pinerolese l’Eco del Chisone del 17 ottobre 1985 il quale, nelle settimane precedenti aveva sporadicamente, forse per non destare allarmismi, rilanciato le ipotesi di possibile chiusura delle due linee che giungevano dalla Commissione Trasporti della camera dei Deputati. “La val Pellice unita attorno al suo treno”, titolava il settimanale subalpino e spiegava che ben 14 linee, in Piemonte, erano d’improvviso divenute “inutili” e che un colloquio, avvenuto pochi giorni prima, tra l’assessore regionale ai trasporti ed il ministro di riferimento, aveva permesso: “… di salvarne ben 5…”.Tra queste, secondo il cronista1, non era però compresa la Pinerolo Torre Pellice.
La notizia della soppressione, giunta improvvisamente in valle “…attraverso il Gazzettino del Piemonte…”, non mancò ovviamente di destare sorpresa e delusione in quanto, soprattutto nelle ore di inizio e fine giornata, la linea era piuttosto frequentata da Pendolari che si recavano al lavoro a Pinerolo e Torino o ne tornavano. Proprio per questo il piano di soppressione fu ostacolato da una opposizione trasversale organizzata dai Sindaci, dagli enti locali, dai partiti politici, dalle associazioni, dai movimenti sindacali, da semplici cittadini e quant’altro.
La notizia della chiusura, tuttavia, non era destinata a rendere infelici proprio tutti i Pinerolesi; per quanto… nell’ombra e minoritario, infatti, esisteva anche un partito favorevole allo smantellamento della linea. Era ancora lo stesso settimanale a darne notizia: “…Ma come prevedibile c’è chi invece considera positivamente la decisione. Pinerolo ed i Pinerolesi, ad esempio, non possono che essere lieti dell’eliminazione di una ferrovia che - strozza - la città con i suoi passaggi a livello. Il Sindaco di Pinerolo Trombotto ci ha detto in proposito: - Egoisticamente parlando la decisione per il nostro Comune è positiva, anche se comprendiamo le difficoltà che può creare nella valle… -“
La settimana successiva, il settimanale cattolico pinerolese continuava il battage contro la soppressione informando che la protesta organizzata dai contrari alla chiusura della linea si stava rafforzando grazie a nuove adesioni e soprattutto grazie al coinvolgimento dei cittadini. Bastava leggere l’occhiello per capire l’orientamento del periodico: “….I pendolari scrivono al Sindaco di Pinerolo - Il PCI - Scende in campo anche Rinnovamento di Bricherasio - La difficoltà maggiore: i costi di esercizio sono passivi….”. Nel medesimo occhiello, tuttavia, trovava conferma anche il fatto che i Pinerolesi non erano per nulla coinvolti nella protesta: “…..Pinerolo è tiepida verso una battaglia che non sembra toccarla…”. Tutti i Pinerolesi? Evidentemente no. Il già citato Coordinamento Pendolari, nato sin dall’inizio degli anni ’80 con l’intento di esercitare una sorta di pressing sulla dirigenza regionale FS affinché i viaggi di si doveva spostare quotidianamente per lavoro non fossero troppo disagiati, polemizzava fortemente con le affermazioni del Sindaco Trombotto che, nell’intervista pubblicata la settimana precedente sull’Eco del Chisone aveva confessato di non essere così contrario alla chiusura della linea: “…Il metodo da lei seguito…” citava il testo della lettera inviata al primo cittadino dal Coordinamento: “… non è quello della soluzione del problema, ma quello della sua eliminazione…”.
Di spalla all’articolo appena menzionato, il foglio pinerolese pubblicava una lettera dell’on. Carlo Borra che si esprimeva, a titolo del tutto personale, sulla materia.
Monumento della politica pinerolese: sindacalista, democristiano della prima ora, parlamentare per tre legislature, l’anziano deputato sviluppava alcune considerazioni interessanti a favore del partito favorevole alla chiusura: “….Ma non vorrei che questa difesa si rivelasse nel tempo una battaglia di retroguardia ferma nel passato e quindi perdente. Ricordo che più o meno simili opposizioni si sono fatte a suo tempo contro l’eliminazione della tranvia Pinerolo - Perosa, dove i pendolari erano oltre 2000, si sono fatte e ricordo bene, anche con grosse manifestazioni, per la soppressione della Bricherasio - Barge. Non mi pare si siano poi avverate le grosse difficoltà a quel tempo pronosticate. Il problema va affrontato tenendo conto della realtà.Diventa difficile giustificare una ferrovia che ha perdite rilevanti ripetibili, che ha corse con poche decine e anche meno di viaggiatori, che anche quando ha il massimo di presenze copre la capienza
di 2.3 torpedoni…” La polemica, ovviamente non era destinata ad esaurirsi nel giro di pochi giorni e proseguiva, nelle settimane che precedevano l’approvazione della legge di bilancio, con la formulazione di alcune proposte operative, suggerite da enti locali e dall’Assessorato regionale. “La Pinerolo - Torre Pellice si salverà diventando una metropolitana leggera?”, titolava in terza pagina l’Eco del 28 novembre 1985 e riferiva, a firma di Enzo Ghibò, di una proposta avanzata, appunto, dall’assessore regionale Cerutti, tesa ad ottimizzare la linea per renderla più efficiente “…Dal Ministero qualche segnale positivo è arrivato…” proseguiva il cronista, annunciando che il Ministro Claudio Signorile si era reso disponibile alla trattativa. Anche in questo caso, però, appariva evidente come la polemica esplosa tra i favorevoli e contrari alla soppressione non fosse sopite. Vi prendeva parte, nell’occasione, un autorevole pinerolese membro del Governo regionale: Eugenio Maccari. Egli, a sorpresa, non sposava la linea del suo collega Cerutti: “…Le forze politiche pinerolesi…” affermava l’assessore alla Sanità: “… hanno spazio per impegnarsi nelle grandi infrastrutture che possono servire allo sviluppo dell’area e non devono ripiegarsi nella difesa di vecchie strutture (rami secchi) che non hanno più senso…”
La proposta formulata dalla Regione, si rivelò in ogni caso la carta vincente. Senza entrare nel merito dell’eventuale trasformazione della linea in metrò leggero, infatti, il Ministro Signorile accolse favorevolmente la disponibilità del Governo Piemontese ad assumere l’onere della gestione della Pinerolo - Torre Pellice, così copme degli altri tronchi ferroviari inclusi nel primo elenco dei “rami secchi” da eliminare e salvati in extremis prima dell’approvazione della Legge Finanziaria quali la Susa - Bussoleno e la Trofarello - Chieri. Era ancora l’Eco del Chisone, ovviamente, a darne notizia in un taglio basso di prima pagina: “Per 6 mesi salva la ferrovia, dopo la gestirà la Regione”, titolava il foglio pinerolese, rilanciando nell’occhiello l’ipotesi di trasformazione della linea in metropolitana: “…il Ministro Signorile ha accolto le richieste dell’Asserssore Cerutti. Allo studio il sistema di gestione. Sarà trasformata in metropolitana?”
Il salvataggio temporaneo, si sa, divenne ben presto definitivo ed il treno di Torre Pellice sarà fermato a distanza di 10 anni dai fatti qui raccontati, non tanto dalle leggi Finanziarie quanto dalla furia delle acque del Chisone che nell’ottobre 2000 travolsero il ponte ferroviario di via Saluzzo assieme ad un’altra miriade di ponti.
Sponsorizzato il recupero della linea per Torre Pellice, il foglio cattolico pinerolese azzardava una mezza polemica relativa alla contestuale soppressione della linea Airasca - Saluzzo, afferente ancora al bacino di utenza dei suoi lettori ed inspiegabilmente trascurata dal settimanale fino a quel momento. I tempi erano però ormai scaduti, però, e quindi, ironia della sorte, proprio lo stesso numero che sanciva il salvataggio della Pinerolo - Torre Pellice, decretava la morte della obsoleta linea saluzzese. “Airasca - Saluzzo, addio”, dettava in un titolo che era già di per sé un programma, il settimanale in edicola il 12 dicembre . Nel testo dell’articolo, poi, il cronista lamentava il fatto che non molti anni prima (fine anni ’70) la linea era stata oggetto di importanti lavori di ammodernamento.
Ciò, tuttavia, non aveva giovato alla salvezza della linea che, anzi, assieme alla Mondovì - Bastia, era l’unica linea piemontese destinata alla soppressione immediata: “…Due tratte ferroviarie per le quali nessuno ha protestato…” lamentava ancora l’articolo e contestualmente offriva anche le cifre, che avevano indotto il Ministero dei Trasporti a decidere la soppressione: “….la Bastia - Mondovì.
Lunga 11,9 Km, perdeva 4932 milioni all’anno, mentre la Airasca - Saluzzo (resta il tratto Saluzzo - Cuneo), lunga 35 Km, aveva un passivo globale (compresa la parte che rimane) di 7,5 miliardi annui…”
Ancora sul penultimo numero dell’anno, quello in edicola il 26 dicembre 1985, il settimanale cattolico pinerolese dava notizia del tentativo di dar voce alla protesta anche per salvare la Airasca - Saluzzo. “Ora protesta anche la pianura” titolava il periodico, dando notizia di un incontro avvenuto nel municipio di Villafranca il 13 dicembre, cui avevano partecipato politici, sindacalisti ed oltre 200 cittadini.
“…Telegrammi venivano inviati al Presidente della regiona…” raccontava il cronista: “..all’Assesssore Cerutti, alle amministrazioni provinciali di Torino e Cuneo, ai ministri Scalfaro e Signorile ed ai parlamentari piemontesi democristiani e socialisti, in cui si esprimeva una energica protesta per la scorretta procedura adottata per la procedura adottata nella soppressione…”
Tutto ciò, ovviamente, non valeva la salvezza di una linea profondamente improduttiva e la sera del 31 dicembre di quell’anno, l’ultimo convoglio diesel, si arrestava rumorosamente nelle piccole stazioni della piana distesa tra Pinerolo e Saluzzo. “Airasca - Saluzzo: persa per ora ogni speranza”, non restava che titolare in un taglio basso all’Eco del Chisone del 2 gennaio 1986, riportando le promesse dell’Assessore Cerutti che si impegnava formalmente: “....a predisporre entro i prossimi 5 anni un progetto finalizzato alla riattivazione della linea….”.
Promesse di politico, naturalmente, da tenere in considerazione per ciò che potevano valere.
Nel giro di pochi anni i rovi e gli sterpi invasero la massicciata, alcuni tratti di binari furono scalzati e prelevati, i caselli e le stazioni divennero per lo più luoghi fatiscenti ed immondezzai.
Giusto o sbagliato lo smantellamento della linea fu portato a compimento, in ogni caso, nel modo peggiore, senza recupero dei terreni su cui correva il tracciato, senza riqualificazione delle infrastrutture, senza il minimo progetto di reimpiego delle opere collocate lungo la linea stessa. Una cosa all’italiana, insomma, destinata semplicemente a chiudere un capitolo di spesa, senza per altro costituire una potenziale risorsa per il territorio.
Estratto dal volume Un treno per le valli: la ferrovia Torino-Pinerolo-Torre Pellice e sue diramazioni tra storia e attualità, Gian Vittorio Avondo e Valter Bruno, Alzani Editore, 2006.
1 L’articolo, di spalla in prima pagina, era a firma di Alberto Maranetto.
2 L’Eco del Chisone del 17 ottobre 1985 (Arch. Eco del Chisone, Pinerolo).
3 Ibidem.
4 L’Eco del Chisone del 24 ottobre 1985 (Arch. Eco del Chisone, Pinerolo); l’articolo è ancora a firma di Alberto Maranetto. Il numero successivo dell’Eco del Chisone,      quello in edicola il 14 novembre 85, riportava nelle pagine interne una serie di articoli relativi alla linea Pinerolo-Torre Pellice, alla sua storia, alla sua soppressione ed al dibattito che ne era derivato. In uno di questi, il più lungo ed importante scritto a più mani da M. Chiappere, R. Sarti, E. Borgarello e C. revel, si faceva cenno alla costituzione di un Comitato di lotta per la difesa della linea ferroviaria.
5 Ibidem.
6 l’Eco del Chisone dell 28 novembre 1985 (Arch. Eco del Chisone, Pinerolo). Di spalla a questo articolo, il settimanale riportava un curioso trafiletto dal tenore vagamente romantico, titolato “Il Treno” e firmato da Graziella Bosio. La sua conclusione, era in linea con l’orientamento che il giornale aveva assunto nella vicenda: “… Prima del ponte che attraversa il Chisone il ciuf ciuf del suo vecchio motore vi convincerà di permettergli ancora di filare felice nel mattino che sorge verso il piano lontano. Vi convincerà a lasciarlo tornare, quando il sole tramonta ai piedi dei monti, per andare a dormire. Vi convincerà a non lasciarlo morire..”.
7 l’Eco del Chisone dell 12 dicembre 1985 (Arch. Eco del Chisone, Pinerolo).
l’articolo era a firma di Stefano Fissore.
9 La soppressione di tutte le altre linee piemontesi, infatti, era state posticipata all’1 giugno 1986. Di queste, alcune, come la Pinerolo - Torre Pellice, saranno definitivamente salvate, altre come la Chieri - Trofarello, irrimediabilmente soppresse.
10 Ancora Stefano Fissore.
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